giovedì 10 maggio 2012

Bullismo



Che cosa è il bullismo 

Il bullismo, come termine, deriva dall’inglese “Bulling” e descrive la condizione di sofferenza, svalutazione ed emarginazione che vive un bambino o un adolescente ad opera di un suo compagno. 

Il bullismo è una forma di prepotenza ricorrente e continuativa in cui un ragazzo subisce forme di persecuzione e prova forte angoscia e svalutazione. La vittima vive un forte senso di impotenza per il fatto di non sapersi o potersi difendere e sperimenta un pesante vissuto di emarginazione dal gruppo dei compagni. 

I comportamenti di bullismo si manifestano soprattutto durante la preadolescenza e e l'adolescenza e colpiscono maschi e femmine indistintamente.
Alcuni lo considerano una sorta di mobbing che avverrebbe però tra i banchi di scuola. 

Lo studioso norvegese Olweus fu uno dei primi ad occuparsi di questo fenomeno e lo definì in questo modo: "Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni”. 

Il bullismo può essere inserito nella più ampia categoria dei disturbi della condotta, con cui condivide l'assunto di base per cui le regole e/o i diritti degli altri vengono violati nei modi più disparati. 


Le forme di bullismo 

Parliamo di bullismo diretto quando gli attacchi nei confronti della vittima sono aperti e ben visibili, molto spesso ostentati davanti ai coetanei; possono essere verbali, come nel caso della presa in giro, delle minacce e delle umiliazioni, o fisici, come spintoni, calci e pugni, come pure prevaricazioni sugli oggetti personali della vittima ( estorti o danneggiati). 

Si tratta invece di bullismo indiretto quando gli attacchi sono nascosti, come accade ad esempio nel caso del pettegolezzo, della calunnia a discapito di un compagno e colpiscono la vittima indirettamente. L’obbiettivo, in questo caso, è quello di isolare ed escludere. 

Esiste una tendenza maschile ad utilizzare prevalentemente la forma diretta ed una femminile verso l’aggressività indiretta, anche se negli ultimi anni si sente sempre più parlare di violenza di gruppo al femminile contro le coetanee che hanno più successo a scuola o sentimentalmente e per questo suscitano l'invidia delle compagne oppure aggressioni alle ragazze con handicap o più isolate. 


I ruoli nella dinamica del bullismo 

In questo gioco di potere esistono due figure principali: 

il “bullo”: protagonista attivo di aggressioni e prevaricazioni, cerca di dominare i più deboli con la violenza e la prepotenza. Maltratta i compagni fisicamente e verbalmente per porli in uno stato di soggezione nei suoi confronti. 

la vittima: che subisce i soprusi e le prevaricazioni. Tali comportamenti hanno delle ripercussioni psicologiche profonde, questi ragazzi si sentono esposti ed isolati dal gruppo, perdono fiducia in sé stessi, non trovano il coraggio di denunciare l’accaduto per paura o per vergogna. 

È possibile che chi subisce queste condotte sia portato ad allontanarsi dal contesto scolastico arrivando a lamentare anche sintomi fisici come mal di testa frequente, mal di pancia , attacchi di diarrea o attacchi d’ansia pur di evitare la situazione in cui subisce prepotenze. Nei casi più gravi, si possono presentare importanti sintomatologie reattive come per esempio la fobia scolastica, la fobia sociale e la depressione. 


La dinamica del bullismo: individuale o gruppale 

Bullo e vittima sono posti in una forte asimmetria di potere: la vittima non fa nulla apparentemente per provocare l’aggressore ma il comportamento si ripete nel tempo. 

I due ruoli, oltre che da singole persone, possono essere incarnati anche da gruppi. 
Capita infatti spesso che sia un gruppetto di adolescenti ad infastidire un singolo individuo, ma può succedere anche che il ruolo della vittima sia impersonato da più ragazzi. Quando si presenta il fenomeno del bullismo di gruppo, le conseguenze delle azioni del branco possono essere incontrollate e attentare seriamente alla salute psico-fisica della vittima o delle vittime, come purtroppo denunciano molti fatti di cronaca. 

Il bullo mette in atto determinate condotte in quanto si sente autorizzato dal contesto che, più o meno volontariamente, lo copre e, in alcuni casi, lo sostiene attraverso un insieme di meccanismi sotterranei e spesso poco consapevoli. 

Alcuni membri del gruppo possono allearsi con lui per paura di diventare il nuovo capro espiatorio o semplicemente per il piacere di essere rispettati e temuti: in questi casi si innescano meccanismi di aggregazione pericolosi perché, oltre a favorire comportamenti devianti in un numero maggiore di ragazzi, rischiano di sfociare nella creazione di un vero e proprio branco, inconsulto e pericoloso. 

Capita frequentemente che entrino in questi gruppi anche quei ragazzi che, all’apparenza, sembravano insospettabili ma che, gradualmente, si lasciano inglobare come gregari in questi micro-sistemi di bulli. 

Riguardo al mondo degli adulti, la vittima ha un’ aspettativa di indifferenza e nella maggior parte dei casi ha vergogna e timore a denunciare il suo disagio quotidiano e ripetuto; il bullo invece si aspetta il consenso e frequentemente va fiero delle sue azioni, non esitando a farne mostra. 


La personalità del bullo 

Si tratta di un soggetto scarsamente empatico, con una forte motivazione al dominio ed alla prevaricazione. È percepito come una persona aggressiva e spavalda, che provoca intenzionalmente sofferenza nell’altro e non ne prova compassione, anzi ne può essere divertito. Provoca, sembra non aver paura di nulla, è litigioso e sottostà difficilmente alle regole. Mette in atto comportamenti ostili e svalutanti, picchia, sputa, insulta, istiga, ruba. Mette in discussione le autorità, che siano i genitori o gli insegnanti. 

Alle volte si può pensare che sia l’insicurezza a portare a questo tipo di condotte, ma non è così. Il “bullo” ha un alto livello di autostima, si sente forte, superiore agli altri. 

È un ragazzo sveglio che riesce negli sport e nelle attività di gruppo. Generalmente ha un rendimento scolastico sufficiente, che tuttavia può abbassarsi nel tempo. Non sopporta le frustrazioni ed ha notevoli abilità manipolatorie, che denotano una certa intelligenza e intuizioni sulle relazioni interpersonali. 

Nel tempo, il comportamento aggressivo e prevaricatore di questi soggetti può sfociare in altri tipi di condotta problematica, come l’alcoolismo, la criminalità, l’abuso di sostanze, una personalità antisociale. 


La personalità della vittima del bullismo 

Esistono alcune caratteristiche maggiormente presenti nei ragazzi vittime di bullismo: 
si tratta di individui con una personalità più debole della media dei coetanei e del bullo in particolare; 
possono essere ansiosi, insicuri, sensibili, prudenti, tranquilli e fragili; 
non mettono in atto comportamenti assertivi, sono contrari alla violenza ed impossibilitati a difendersi; 
possono avere una bassa autostima; 
possono essere esclusi dal gruppo di pari e ricercare protezione negli adulti; 
il rendimento scolastico tende a peggiorare nella scuola media; 
spesso non eccellono negli sport e possono aver paura di farsi male; 
non parlano a nessuno di quello che subiscono perché si auto-colpevolizzano, per vergogna o perché hanno paura delle ripercussioni da parte del persecutore; 
possono appartenere ad una minoranza etnica o religiosa. 

Sempre più frequenti, sia tra i maschi che tra le femmine, sono i casi in cui la vittima o le vittime di bullismo possiedono delle caratteristiche fisiche o di personalità o di staus sociale desiderabili da parte del bullo e per questo, sulla spinta di invidia e frustrazione, il bullo attacca quest'altra tipologia di bersagli. 

Una volta diventato oggetto di molestie, il ragazzino eletto a vittima, probabilmente verrà infastidito anche dagli altri compagni, perché ritenuto facile bersaglio, questo rinforzerà il comportamento del bullo che non proverà sensi di colpa nei suoi riguardi. 

Esiste una particolare sotto-categoria di vittima definita della “vittima provocatrice”. In questi casi i comportamenti aggressivi sono provocati attivamente dalla vittima che incarna in sé un doppio ruolo contrastante: agisce e subisce le prepotenze come se fosse contemporaneamente un bullo ed una vittima. Egli manifesta una combinazione di atteggiamenti ansiosi e aggressivi, può essere iperattivo, inquieto e offensivo, tende a controbattere e ha la tendenza a prevaricare i compagni più deboli. 

Rispetto alla stabilità nel tempo dei comportamenti rilevati, sembra che una volta che persecutori e vittime si siano insediati nel proprio ruolo, non riescano più ad uscirne e continuino a recitare la stessa parte, pena la perdita della propria identità. 


“Gli amici del bullo”: i bulli gregari 

Sono ragazzi che ricercano un proprio ruolo, tentano di affermare la propria identità attraverso l’ “amicizia” con il più “forte”. La loro natura è quella di seguaci: rispetto al loro leader risultano più ansiosi, insicuri e poco popolari. 

Sono ragazzi facilmente plasmabili e spesso, anche di fronte alla percezione di stare per commettere un’ingiustizia o un sopruso grave, non sanno tirarsi indietro e obbediscono agli ordini del “capo” o all’onda emotiva del gruppo. Spesso sono più inconsapevoli del leader rispetto alle conseguenze delle proprie azioni. 


Le conseguenze del bullismo 

Questo stile comportamentale produce effetti che si protraggono nel tempo tanto per chi agisce che per chi subisce prepotenze. 

- I bulli assistono spesso al calo proprio rendimento scolastico, possono soffrire di disturbi della condotta per non saper rispettare le regole e avere difficoltà relazionali. Nel tempo possono subire ripetute bocciature, fare propri comportamenti devianti ed antisociali come crimini, furti ed atti di vandalismo, diventare aggressivi in famiglia o sul lavoro. 

- Le vittime possono lamentare sintomi fisici senza che sia presente una reale causa organica, sintomi psicologici come disturbi del sonno, incubi ed attacchi d’ansia, problemi di concentrazione ed apprendimento, calo del rendimento scolastico, disturbi alimentari, rifiuto scolastico e svalutazione della propria identità. 

A lungo termine possono andare incontro a vere e proprie depressioni, comportamenti autodistruttivi, abbandono scolastico, insicurezza, disturbi ansia (oltre ad attacchi d’ansia), problemi nell’adattamento socio-affettivo, ritiro sociale e isolamento. 


Come contrastare il bullismo 

I ragazzi diversi, come per esempio quelli un po’ sovrappeso o occhialuti, finiscono il più delle volte ad attribuire alla propria condizione fisica la responsabilità di ciò che avviene e a rivolgere verso se stessi la propria rabbia. 

Sembra infatti che nella loro percezione della situazione, esista un pensiero sottostante: “Sono diverso, è per questo che mi merito quello che mi sta capitando!”. 

Il messaggio che è importante trasmettere a questi ragazzi è che non c’è niente che non vada in loro e che alcune condotte prevaricanti sono sempre da condannare, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche o psicologiche di chi ne è vittima. 

Per combattere questo allarmante fenomeno, è fondamentale intervenire precocemente finché sussistono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati. Tutti gli adulti di riferimento possono avere l’autorità e le competenze per poter fare qualcosa per prevenire e contrastate il bullismo, in particolare genitori ed insegnanti. 

Gli insegnanti possono pianificare interventi preventivi sul gruppo classe con il fine di promuovere e favorire la mentalità del rispetto e della solidarietà fra i ragazzi. Possono collaborare con le famiglie per individuare i segnali più o meno sommersi che i ragazzi manifestano. 

Punire il bullo e iperproteggere la vittima non sembra dare risultati positivi duraturi e rischia di etichettare i ragazzi; in questi casi è consigliabile dare rinforzi positivi rispetto al buon comportamento degli alunni, responsabilizzare la vittima ed aiutare il bullo nel cambiamento facendogli capire che quello che si condanna non è lui ma il suo comportamento. 

I genitori, d‘altro canto, hanno un ruolo determinante nel poter prestare attenzione ai campanelli d’allarme poiché tale problematica difficilmente viene esplicitata dai ragazzi: le vittime del fenomeno sono spesso reticenti a parlare di quanto succede loro a causa della paura , del giudizio o della vergogna. 


I campanelli d’allarme per individuare casi di bullismo 

Sono molteplici i dettagli che svelano la condizione di vittima di un bambino/ragazzo. È possibile che 

la vittima: 

Torni a casa con i vestiti stracciati o sgualciti, oppure con i propri oggetti personali rovinati; 

Abbia lividi, ferite, tagli o graffi che non sa spiegare; 

Non porti mai a casa compagni di classe e non li frequenti oltre l’orario scolastico; 

Sia riluttante ad andare a scuola (anche adducendo mal di stomaco, mal di testa etc.); 

Dorma male e/o faccia brutti sogni o manifesti altri disturbi del sonno; 

Diminuisca il rendimento scolastico o manifesti fobia scolastica; 

Abbia frequenti sbalzi d’umore; sia molto tesa, piagnucolosa e triste dopo la scuola; 

Chieda o rubi denaro 

Preferisca la compagnia degli adulti mostrando un attaccamento quasi morboso che a volte può sfociare in ansia da separazione. 

Il bullo invece potrebbe riproporre il proprio stile relazionale aggressivo anche in altri contesti: 

Potrebbe prendere in giro in maniera ripetuta o pesante le persone che frequenta indistintamente; 

Potrebbe essere portato a rimproverare, intimidire, minacciare, comportarsi in modo aggressivo e sfidante; 

Potrebbe essere portato a danneggiare oggetti. 

Una volta riconosciuto il problema, i genitori possono lavorare per favorire il dialogo senza atteggiamenti colpevolizzanti e/o punitivi, comunicare costantemente con la scuola, prestare attenzione ai vissuti emotivi del proprio figlio. Sarà importante incoraggiare il ragazzo a sviluppare le proprie caratteristiche positive e le sue abilità, stimolandolo a stabilire relazioni con i coetanei senza isolarsi. 


Terapia

Il contesto terapeutico più idoneo, in questi casi, è la psicoterapia familiare. Gli obiettivi di tale intervento si concentrano in diverse direzioni, in particolare il lavoro è orientato: 

a sostenere i genitori nell’aiutare i propri figli in questo particolare momento della loro crescita; l’immagine di sé del ragazzo in questi casi può non corrispondere alla realtà: come in uno specchio deformante, il ragazzo può vedersi più o meno forte, efficace o degno di stima. 

I genitori potrebbero lavorare nella direzione di una valorizzazione della sua immagine affinché egli si renda conto che la "percezione del proprio Sé", come debole e poco amabile, può non combaciare del tutto con la "reale condizione del proprio Sé", forse più adeguato e apprezzabile di quanto egli pensi. Inoltre i ragazzi tendono ad utilizzare i genitori come modello di riferimento quindi, grazie all’intervento dei genitori come risorsa terapeutica, è possibile fornire modelli di comportamento più funzionali, soprattutto rispetto ad una buona gestione dei conflitti. 

a lavorare sul riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui: poiché sia nelle vittime che nei prevaricatori sembra esserci una difficoltà nel distinguere le emozioni.
- Per le vittime, ad esempio, è difficile riconoscere gli specifici segnali emotivi relativi alla rabbia; da un lato tali difficoltà potrebbero impedire al bambino di riconoscere l'interlocutore come potenziale aggressore e quindi di difendersi e, dall’altro, non leggere tale emozione nella persona che si ha davanti, potrebbe favorire l’utilizzo di modalità relazionali che finiscono con il provocarla ulteriormente in modo involontario. 
- Per i bulli, invece, si riscontra una certa difficoltà nel riconoscimento delle emozioni, soprattutto per quanto riguarda la felicità. Sembra che essi non siano facilitati nel provare empatia, ovvero nel mettersi nei panni dell'altro e riconoscerne gli stati d'animo.
In terapia si può favorire il riconoscimento di tali emozioni, in particolare della rabbia propria ed altrui, e nuove modalità per esprimerle. 


ad aiutare il ragazzo vittima di prevaricazioni ad elaborare i propri vissuti aiutandolo a raccontare con chiarezza, fermezza e senza timore le situazioni di cui è stato protagonista, recuperando il controllo della situazione, imparando a proteggersi da solo, riacquistando la fiducia in sé stesso, superando i sentimenti di vergogna, frustrazione ed impotenza che, se espressi e condivisi con altre persone in grado di accogliere e comprendere, possono liberare il malcapitato da un grande peso .

I risultati di questo lavoro si ripercuoteranno positivamente anche sull’autostima poiché un contesto terapeutico attento, è in grado di aiutare il ragazzo o la famiglia a trarre beneficio dalle esperienze negative e spiacevoli, attraverso una nuova forza e nuove risorse personali e incidere sui contesti di vita affinché essi siano più rispondenti alle proprie esigenze.




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